IO CAPITANO di Matteo Garrone – l’odissea contemporanea dei migranti africani
“Io capitano” è un racconto di crudo ed impietoso realismo che assume i toni fiabeschi di un viaggio di formazione.
La storia di Seydou e Moussa fa da controcampo ideale alla narrazione che siamo abituati a sentire sui migranti: il punto di vista dei protagonisti di questa “odissea contemporanea” ci fa vivere il viaggio avventuroso che dall’Africa li porta in Europa tra le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare…sempre in balia di approfittatori e criminali…rischiando costantemente la vita.
Il film è un’opera di pregevole livello cinematografico; è emozionante, devastante e inquietante a livello morale, con emblematiche scelte narrative come le visioni oniriche a sottolineare i sensi di colpa del protagonista.
Vincitore del Leone d’Argento all’80ma Mostra di Venezia, Matteo Garrone, tra i migliori registi contemporanei, non ha voluto fare un manifesto politico con il suo film; non si erge a paladino della migrazione libera e incontrollata; e non ha la presunzione di mostrare facili soluzioni alle numerose problematiche legate alla questione.
Allontanandosi dalla abituale prospettiva occidentale, Garrone ha voluto dare voce a chi di solito non ce l’ha…ha voluto mostrare che ci sono storie di esseri umani dietro quei discorsi perennemente ed esclusivamente fatti di numeri: quanti ne sbarcano? quanti ne muoiono? quanti hanno diritto a richiedere asilo? quanti clandestini ci sono? quanti ne dobbiamo rimpatriare?
“Io capitano” ci sbatte in faccia l’ipocrisia che porta a considerare concepibile, ammissibile solo la migrazione dei rifugiati politici, di chi scappa da guerre e persecuzioni…mentre in tanti, come Seydou e Moussa, intraprendono il loro viaggio epico, a prescindere dai rischi che corrono, per inseguire un sogno chiamato Europa.
A proposito di “Io capitano“, il regista Matteo Garrone ha detto:
“Per realizzare il film siamo partiti dalle testimonianze vere di chi ha vissuto questa odissea contemporanea e abbiamo deciso di mettere la macchina da presa dal loro punto di vista, in una sorta di controcampo rispetto alle immagini che siamo abituati a vedere dalla nostra angolazione occidentale, nel tentativo di dar voce, finalmente, a chi di solito non ce l’ha“
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