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HEY JOE – le conseguenze della guerra e la ricerca del tempo perduto

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Dopo La paranza dei bambini, Orso d’argento per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Berlino, il regista Claudio Giovannesi è tornato a girare a Napoli, con una storia che comincia nel secondo dopoguerra per concludersi negli anni ’70. “Hey Joe“, scritto dal regista con Maurizio Braucci e Massimo Gaudioso, è una parabola “sulle conseguenze della guerra, sul rapporto tra Stati Uniti e Italia raccontato attraverso la relazione tra un padre e un figlio“.

Prodotto da Palomar con Rai Cinema, in collaborazione con Vision Distribution che si è occupata anche della distribuzione in sala, il film è interpretato dai bravissimi James Franco e Francesco Di Napoli affiancati da un cast convincente composto da Aniello Arena, Giulia Ercolini, Gabriel Riley Hill Antunes, Giada Salvi, Francesca Montuori e Donovan W. White.

Pregio più evidente di quest’opera di Giovannesi è il riuscire ad avvicinare emotivamente lo spettatore agli stati d’animo dei protagonisti senza giudicarne le vite, tratto distintivo di tutta la sua filmografia.

La storia raccontata è realmente accaduta e diventata una sorta di leggenda nei Quartieri Spagnoli: un veterano americano, che ha avuto una relazione con una ragazza napoletana durante la seconda guerra mondiale, torna a Napoli all’inizio degli anni 70 per riprendersi il figlio, ma scopre che fa il contrabbandiere ed ha vissuto con un altro padre, che è un boss della malavita.

Hey Joe” è ambientato nel 1971, a Napoli c’è la Base Nato, la presenza degli Americani è ancora numerosa e la città vive di contrabbando e prostituzione. Sta nascendo la società dei consumi: gli Stati Uniti stanno “insegnando” all’Europa l’importanza della merce e il desiderio per gli oggetti, soprattutto quelli irraggiungibili, che vengono dall’altra parte dell’oceano. Dean Barry (il veterano interpretato da James Franco) è un uomo alla deriva, vittima della guerra e della solitudine: prova a ritrovare la sua umanità, cercando di costruire la relazione con suo figlio (Francesco Di Napoli), di recuperare il tempo perduto, di pulire il proprio passato.

Come Ulisse ha fatto la guerra, e come lui cerca una casa dove tornare. Ma la nostalgia è l’impossibilità del ritorno: tornare in un luogo e scoprire che non esiste più, perché non ci sono più le relazioni umane che hai abbandonato. L’unica esperienza possibile è la coscienza del tempo, il riaffiorare della memoria, la contemplazione del ricordo. Padre e figlio sono entrambi conseguenza della guerra. Questo li accomuna. La guerra, in ogni epoca, colpisce di più chi la subisce, piuttosto che chi la fa: le donne, i figli, quelli che devono sopravvivere e trovare una possibilità di futuro dalle macerie del passato.

L’esercito alleato ha liberato l’Italia dal Nazifascismo; ma quando gli Angloamericani sono arrivati a Napoli, già liberata, nel 1943, gli italiani erano un popolo vinto e Napoli una città distrutta dalle bombe. Non c’era cibo, così Napoli si è trasformata in un gigantesco bordello.

Tre libri raccontano il periodo in questione in maniera dettagliata: Naples ’44 di Norman Lewis (un ufficiale inglese), The Gallery di John Burns (un ufficiale americano) e La Pelle di Curzio Malaparte (ufficiale italiano durante la Seconda Guerra Mondiale).

C’era il problema della sifilide, così molti soldati, per non frequentare le prostitute, sceglievano ragazze povere: la relazione tra i militari angloamericani e le donne italiane si basava sulla fame e i sentimenti nascevano dal bisogno. Questa è la colpa del protagonista di “Hey Joe“, che porta su di sé una colpa della Storia…la colpa di qualsiasi guerra.

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