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“Black Parthenope” – una parabola su moralità e fiducia nella società contemporanea

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Tutte le superstizioni sparse nel mondo sono raccolte in Napoli e ingrandite

Matilde Serao

Nel giugno del 2022 è arrivato nelle sale cinematografiche “Black Parthenope” diretto da Alessandro Giglio, all’esordio dietro la macchina da presa. Un film ambizioso ed intrigante, un giallo ai limiti dell’horror… ma con lo sguardo a Hitchcock.

Il lavoro ha avuto una gestazione di parecchi anni e le difficoltà sono state molteplici dato gli affascinanti ma impervi luoghi in cui è stato girato: su tutti Napoli sotterranea, quelle viscere cittadine da cui partiva il Munaciello per palesarsi nelle case dei partenopei. Dalla leggenda del Munaciello prende spunto ‘Black Parthenope‘, per diventare anche una parabola su moralità e fiducia nella società contemporanea, grazie alla sceneggiatura di Alessandro Giglio e Ivan Specchio, alla fotografia di Federico Annichiarico, alla scenografia di Antonella Di Martino, al montaggio di Gemma Barbieri e, ovviamente, alle ottime interpretazioni di Jenna Thiam, Marta Gastini, Maziar Firouzi, Gianluca Di Gennaro, Nicola Nocella e un bravissimo Giovanni Esposito.

La trama

Napoli. Nella città dove la vita scorre senza sosta, tra gente, motorini che strombazzano, ma anche colori e tanta bellezza, esiste un luogo dove il silenzio e la storia avvolgono il visitatore e ne rapiscono l’anima in un viaggio lungo 3000 anni: la città sotterranea. Cécile Bonnet, giovane rampolla di una famiglia di imprenditori francesi, arriva in città per lavorare alla prima sfida affidatale dal padre, con il quale vive un rapporto difficile: aprire i cantieri ed iniziare la costruzione di una serie di mega-parcheggi nelle cave di tufo di Antonio, erede di una facoltosa famiglia napoletana.

Ad aiutare Cécile, il progettista Yanis, con cui ella intrattiene una sorta di relazione, Greta, rampante assistente del padre, Gianni Di Marino, responsabile tecnico napoletano. Scesi nelle viscere della città, per un sopralluogo, si confronteranno con l’anziano Gennaro, che da decenni accompagna i visitatori nelle cave, per raggiungere, attraverso un dedalo di cunicoli, i luoghi che sono testimonianza vivente della storia di Napoli, dagli antichi greci ad oggi. Egli conosce ogni meandro ed ogni segreto di quel posto sconfinato e, avversando il progetto, mette sull’avviso i “profanatori”.

Tra morti violente, antiche vestigia, culti e superstizioni, Cécile, imprigionata a più di cinquanta metri sottoterra e senza la possibilità di comunicare con l’esterno, compirà un viaggio per salvare la propria vita e trovare una via d’uscita da quel luogo surreale, fatto di spazi giganteschi ed impenetrabili e strette cavità dove il sole non arriva mai.

Ella dovrà mettere a dura prova se stessa e la propria personalità, conoscerà la morte ma anche l’amore, la paura le attanaglierà lo stomaco, ma il desiderio di capire la renderà temeraria. Nel buio, una figura incappucciata si muoverà sospingendo Cécile verso il proprio destino. Chi é quest’oscura presenza? Un essere reale o lo spirito del luogo? E cosa vuole da Cécile?

I personaggi

CÉCILE BONNET (JENNA THIAM) Francese, sui 30 anni, ha ereditato dal padre il gusto del potere e del controllo e, insieme a lui, dopo la prematura morte della madre, gestisce un’importante holding, che punta ad edificare enormi parcheggi nel sottosuolo di Napoli. Il rapporto con il padre e con gli uomini in generale è pessimo: non li stima e vuole gestirli come le proprie aziende. Dispotica e anaffettiva, attraverso il viaggio negli inferi, nel cuore nascosto di Napoli, ritroverà la propria autenticità e porrà fine alle proprie contraddizioni. Il forte trauma le aprirà gli occhi sul mondo reale, quello fatto di sentimenti, tradimenti, emozioni, paure, che i soldi non possono risolvere.

JAQUES BONNET Padre di Cécile, sulla settantina. È il perfetto esempio di uomo da cui Cécile rifugge, ma che poi, inevitabilmente imita appieno nei modi dispotici e nelle intenzioni. Nel film, non appare mai fisicamente, resta dietro ad una cornetta telefonica, sentenziando e impartendo ordini. È forse lo specchio stesso di Cécile, il primo modello da combattere per poter cambiare.

YANIS (MAZIAR FIROUZI) Sulla trentina, assistente di Cécile, con cui ha una relazione. Pacato e remissivo nei riguardi della donna che ama, ne ha compreso l’intima fragilità. Spesso, sembra mettere da parte perfino la propria dignità in nome di questo amore, che Cécile considera solo riverenza. Proverà a salvare Cécile dal proprio destino.

GRETA (MARTA GASTINI) Sulla trentina, arrivista, assistente personale di Jaques Bonnet, nonché sua amante. Disprezza Cécile e, dato il suo ruolo, è in competizione con lei. È l‟unica, però, che riesce a dire a Cécile ciò che pensa, ferendola con tutta la violenza di cui soltanto un‟altra donna è capace. Mente diabolica, è disposta a tutto per realizzare i propri obiettivi.

GENNARO (GIOVANNI ESPOSITO) Sui sessantacinque anni, burbero custode ed ultimo baluardo a difesa del patrimonio più antico della città, che protegge con determinazione e perseveranza. Egli è la memoria storica del sottosuolo di Napoli, di cui conosce vicende, miti ed ogni anfratto. Gioca il proprio ruolo con tutte le armi a disposizione, avendo dedicato la vita a quel luogo recondito. Sconfitto dalla burocrazia, cerca di far leva su Antonio, proprietario delle cave, ricordandogli la volontà di suo padre di mantenere quei luoghi intatti. Nonostante gli sforzi, non riuscirà ad evitare l’arrivo dei «profanatori».

ANTONIO (GIANLUCA DI GENNARO) È lo specchio delle contraddizioni della Napoli che cambia, e non sempre in meglio. Sui 30 anni, arrogante, ignorante, avido, noncurante del passato e di chi ha speso tanta dedizione affinché il patrimonio culturale della città rimanesse vivo. Suo padre, a suo tempo, aveva fatto di tutto per scoprire e valorizzare Napoli Sotterranea, in un sodalizio indissolubile con Gennaro, che, da allora, ne è il custode appassionato e indiscusso.

GEOMETRA GIANNI DI MARINO (NICOLA NOCELLA) Sui 45 anni, pavido e incompetente, è lo specchio di una burocrazia corrotta e ottusa. Quando la situazione si complica, dimostra di non conoscere il territorio e di non essere in grado di far uscire Cécile fuori dal dedalo dei sotterranei. Non ha vere soluzioni nemmeno per se stesso.

IL MONACIELLO Una figura mitica, leggendaria. L’antico “pozzaro”, che porta con sé il proprio passato e lo patisce irrimediabilmente. Egli è i “genius loci” del sottosuolo di Napoli, una figura con maestria descritta negli scritti di Matilde Serao. Che sia un fantasma o una persona fisica è il dubbio principe della vicenda. La sua natura, maligna o benevola, resta un interrogativo al quale solo alla fine avremo una risposta.

Il regista Alessandro Giglio e l’idea di Black Parthenope

L’idea del film nasce da due esigenze: da una parte la necessità di trovare una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, ma anche una storia che potesse arrivare ad un pubblico ampio, un cinema di genere, comprensibile in tutto il mondo. Sono molto legato alla mia città ed ho iniziato ad amare la sua “diversità” dal resto dell’Italia (ed anche del mondo), proprio andando via e pensandola da lontano. È una città carica di fascino, ma soprattutto di mistero, un posto dove può succedere di tutto, un posto tra il fuoco e l’acqua. E quale luogo migliore, le sue “viscere”, per ambientare una storia “noir”? Napoli Sotterranea, la città sotterranea antica più estesa del mondo, nel film non è solo la “location”, per me è un vero è proprio personaggio, che avvolge, soffoca, accarezza e protegge gli altri protagonisti della storia. Laggiù, a 70 metri sotto terra, la percezione del tempo si perde, gli antri bui diventano tenebre e la fine delle gallerie diventa luce, salvezza.

Nello stile “horror”, inteso nel senso più letterale del termine, ho utilizzato I luoghi per creare ombre, che inseguono e risvegliano paure e demoni interiori nei personaggi, che, emotivamente distrutti, si ritrovano a scappare anche da se stessi. L’impatto estetico del film è estremamente condizionato dalla location, che con i suoi spazi angusti, seguiti da improvvise aperture, crea forti contrasti. Tuttavia, si è cercato di curare l’illuminazione, per rendere le immagini più “moderne” dal punto di vista cinematografico. Questo film è stato uno sforzo incredibile per gli attori e per la troupe, che si sono sottoposti, per settimane, a fatiche estenuanti, in luoghi dove mancava anche l’aria. Penso che il ricordo di tutte queste persone, che mi hanno aiutato così tanto a realizzare il mio primo film, mi accompagnerà per tutta la vita.

La produzione: l’ambizione e le difficoltà per girare un film del genere

La sfida ambiziosa di questo progetto cinematografico é stata realizzare un film che fosse un prodotto vendibile ed esportabile. Il cinema italiano, si sa, fatica a valicare i confini nazionali e ci riesce quando l’originalità della storia sposa la mano felice del regista. Trattandosi di un’opera prima, pur se di un regista quarantenne, con tanta gavetta alle spalle, non si è potuto chiedere a nessuno di fidarsi della riuscita del film “ex ante”. Tuttavia, l’esperienza acquisita sul campo ci ha fatto chiaramente intravedere le potenzialità del progetto, tanto da farci decidere di produrlo. Alcuni aspetti di questa idea sono stati sin dal principio solidi e vincenti. Si tratta di un film di genere, di un film, cioè, che va ad incontrare un proprio pubblico; si tratta di un film girato davvero nel sottosuolo, senza finzioni scenografiche o artifici visivi; si tratta di un film che ha avuto a disposizione una serie di locations mai utilizzate prima, di cui alcune anche mai viste; si tratta di un film recitato in inglese e, perciò, in grado di affrontare il mercato internazionale. Una trama avvincente ed gli evidenti contenuti di natura culturale, ci ha convinto che fosse un’idea da realizzare e, per fortuna, il progetto ha anche incontrato il favore e l’entusiasmo di istituzioni, sponsor e finanziatori .

Ottenere tutte le locations, che nel film sembreranno un continuum, ma che sono invece tantissime e sottoposte ad un nugolo di enti responsabili e di vincoli, ha richiesto un lavoro lunghissimo e solo la stretta collaborazione delle istituzioni ci ha fatto superare alcuni ostacoli di natura autorizzativa, inerenti le riprese in catacombe, nelle cripte e all’interno di cunicoli ancora da esplorare completamente. Tra i siti interessati dalle riprese, vi sono luoghi che attraversano tutta la storia dell’umanità. Tale ricchezza visiva conferisce al film un carattere unico lo rende un prodotto che può avere un appeal molto alto, se si tiene conto delle risorse finanziarie investite. Sin dal principio si è deciso di realizzare una coproduzione in europa e, seguendo la scelta del regista, orientata alla musica elettronica, si é stretto un accordo di collaborazione con la THINK MGMT (THIS AND THAT), società di Barcellona, impegnata nella produzione di musica elettronica, che realizza eventi a livello internazionale.

La Film Commission della Regione Campania e la consulenza di tutti gli enti preposti e degli esperti speleologi e dell’Università Federico II, ci hanno aiutato a coordinare le difficilissime ed estenuanti riprese. Come largamente riportato dalla stampa e dal web, si è trattato di un’impresa peculiare nella realizzazione, tanto che le immagini della gru che cala una barca sotto Piazza del Plebiscito sono state pubblicate da siti asiatici e dal NYT. Del grande lavoro necessario, sono eloquente testimonianza le immagini del making of.

Le location incantevoli e simboliche

I sotterranei di Napoli, la cosiddetta NAPOLI SOTTERRANEA, sono un patrimonio di inestimabile valore per tutta l’umanità. Un territorio geografico, che si estende al di sotto dell’area urbana, ma anche, e soprattutto, culturale, che qualifica storicamente il tessuto topografico e spaziale dell’intero capoluogo campano. Un “mondo”, lo si potrebbe definire, che spazia dai primi insediamenti di epoca pre-greca ai rifugi della seconda guerra mondiale, scavato e plasmato dall’uomo nei secoli. Un luogo ad alta densità di informazione per chi vuole capire e conoscere la “Napoli Millenaria”. Da queste considerazioni è nato il progetto di un film altamente popolare come BLACK PARTHENOPE, che mutua i propri stilemi soprattutto dal genere thriller e da quello horror, rivolto a un grande pubblico internazionale di appassionati.

L’intento è quello di fornire, attraverso la chiave dell’intrattenimento, una visione originale, ma allo stesso tempo completa, della Napoli Sotterranea che ancora oggi incanta migliaia di visitatori della città. Lo spunto della narrazione, nasce proprio dal desiderio di riscoprire la grande memoria popolare di quell’area geografica, grazie alle leggende che sono sorte in quel contesto. Prima fra tutte la mitica storia del Monaciello.

Con un taglio veloce e impattante, attraverso immagini eloquenti che parlino anche ai più giovani, BLACK PARTHENOPE vuole essere un film adatto ad un’ampia diffusione, lavorando sulla consolidata reputazione di Napoli come città d’arte e sulle sue tradizioni culturali, che cominciano a diffondersi nuovamente nel mondo dei viaggiatori, dopo i fasti del «Gran Tour» di storica memoria. Tra i luoghi interessati dalle riprese: la città greca, il teatro romano di Nerone, l’acquedotto millenario, con le gigantesche cisterne e pozzi, le necropoli paleolitiche e greche, le testimonianze angioine e spagnole, i tunnel militari borbonici, il fiume sotterraneo, le cave di tufo, i rifugi della seconda guerra mondiale. Il tutto con una mole di reperti provenienti da tutte le epoche.

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