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“L’ordine delle cose” di Andrea Segre – una società in crisi che abdica ai propri principi

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Uno dei pregi di un certo tipo di Cinema sta nell’anticipare la realtà, di portare a conoscenza dello spettatore ciò che prima o poi succederà. In molti casi si tratta di intuizioni, in altri di lettura degli eventi: nel caso de L’ordine delle cose di Andrea Segre la storia narrata ha trovato riscontro nell’attualità tragica dei respingimenti dei migranti nei centri di detenzione libica intrapresi dal Governo italiano. Quando nel 2014 Segre ha iniziato a lavorare a questo film non sapeva che le vicende tra Italia e Libia sarebbero andate proprio come si apprestava a raccontarle, ma purtroppo lo immaginava.

Protagonista de L’ordine delle cose (che è possibile vedere su Rai Play) è Corrado, un alto funzionario del Ministero degli Interni italiano, specializzato in missioni internazionali contro l’immigrazione irregolare. Il Governo italiano lo sceglie per affrontare una delle spine nel fianco delle frontiere europee: i viaggi illegali dalla Libia verso l’Italia. La missione di Corrado è molto complessa, la Libia post-Gheddafi è attraversata da profonde tensioni interne e mettere insieme la realtà libica con gli interessi italiani ed europei sembra impossibile.

Corrado, insieme a colleghi italiani e francesi, si muove tra stanze del potere, porti e centri di detenzione per migranti. La sua tensione è alta, ma lo diventa ancor di più quando infrange una delle principali regole di autodifesa di chi lavora al contrasto dell’immigrazione, mai conoscere nessun migrante, considerarli solo numeri. Corrado, invece, incontra Swada, una donna somala che sta cercando di scappare dalla detenzione libica e di attraversare il mare per raggiungere il marito in Europa.

Come tenere insieme la legge di Stato e l’istinto umano di aiutare qualcuno in difficoltà? Corrado prova a cercare una risposta nella sua vita privata, ma la sua crisi diventa sempre più intensa e si insinua pericolosa nell’ordine delle cose.

Un film importante, necessario per il periodo storico che stiamo vivendo: utile sarebbe farlo vedere alle scuole e diffonderlo in tv in prima serata. L’argomento spinoso – immigrazione, respingimenti, situazione libica, gestione migranti Italia-Europa – è trattato con intelligenza e fondamentale è il ritratto del protagonista, un bravissimo Paolo Pierobon, che, da perfetto funzionario governativo, ambiguo e ordinato, glaciale, senza emozioni, si scopre essere umano in crisi di identità e di convinzioni, con il dubbio di aver sbagliato tutto fino ad allora, di essere parte di un meccanismo che non sta affrontando in maniera giusta una situazione che non può prescindere dal considerare persone quelle che da sempre valuta solo come numeri.

Parlando del film Andrea Segre ha detto:

Per molti mesi ho incontrato insieme a Marco Pettenello (co-sceneggiatore  ndr.) alcuni ‘veri Corrado’ e parlando con loro ho intuito che l’Italia si apprestava ad avviare respingimenti di migranti nei centri di detenzione libica. Nessuno lo diceva pubblicamente, ma ora che il film è uscito è tutto alla luce del sole,
mi auguro che il film aiuti a riflettere su cosa stiamo vivendo in questi giorni e sulle lunghe conseguenze che vivremo ancora per anni.

Infatti, quella del protagonista del film pare rispecchiare la condizione di molti di noi in quest’epoca che sembra aver metabolizzato l’ingiustizia. La tensione tra Europa e immigrazione sta mettendo in discussione l’identità stessa dell’Europa. Corrado e la sua storia raccontano questa crisi di identità. Dice il regista:

È questa crisi che mi ha guidato eticamente ed esteticamente nel raccontare il mondo di Corrado, un mondo tanto rassicurante quanto inquietante. Ho cercato in lui, nel suo ordine e nella sua tensione emotiva, quelle della nostra civiltà e del nostro tempo. Sappiamo bene quanto stiamo abdicando ai nostri principi negando diritti e libertà a esseri umani fuori dal nostro spazio, ma proviamo a non dircelo o addirittura a esserne fieri.

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