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FAMILIA – un atto di denuncia sotto forma di tragico melodramma familiare

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Familia“, opera seconda di Francesco Costabile (“Una femmina“), è un melodramma nero tratto dal libro autobiografico “Non sarà sempre così” di Luigi Celeste. Interpretato da Francesco Di Leva, Barbara Ronchi, Francesco Gheghi, Marco Cicalese e Tecla Insolia, il film è stato presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla 81ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia conquistando numerosi riconoscimenti.

Al protagonista Francesco Gheghi è stato assegnato il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile, al film la Segnalazione Cinema for UNICEF, a tutti gli attori il Premio Francesco Pasinetti per il Miglior Cast Italiano e a Tecla Insolia il Nuovo IMAIE Talent Award. Prodotto da Tramp Limited in associazione con Medusa, Indigo e ‘O Groove, in collaborazione con Prime Video, e distribuito al cinema dal 3 ottobre da Medusa Film, “Familia” è film importante e necessario a livello sociale, un atto di denuncia, una storia che arriva al fondo dell’abisso per compiere un percorso di rinascita, costi quel che costi.

La trama

Luigi Celeste ha vent’anni e vive con sua madre Licia e suo fratello Alessandro, i tre sono uniti da un legame profondo. Sono quasi dieci anni che nessuno di loro vede Franco, compagno e padre, che ha reso l’infanzia dei due ragazzi e la giovinezza di Licia un ricordo fatto di paura e prevaricazione.

Luigi vive la strada e, alla ricerca di un senso di appartenenza e di identità, si unisce a un gruppo di estrema destra dove respira ancora rabbia e sopraffazione.

Un giorno Franco torna, rivuole i suoi figli, rivuole la sua famiglia, ma è un uomo che avvelena tutto ciò che tocca e rende chi ama prigioniero della sua ombra. Quella di Luigi e della sua famiglia è una storia che arriva al fondo dell’abisso per compiere un percorso di rinascita, costi quel che costi.

Il regista Francesco Costabile: “Familia ha l’obiettivo di raccontare la violenza, soprattutto quella psicologica e assistita

FAMILIA è un melodramma nero, contamina diversi linguaggi tipici del cinema di genere: dal thriller psicologico, al cinema horror fino al film a tematica sociale. In questa contaminazione c’è il desiderio di sperimentare, coinvolgere lo spettatore, andare in profondità e rendere questo racconto universale. Il cinema, come strumento esperienziale, ci permette di conoscere microcosmi inaccessibili, ci permette di sviscerare le emozioni, aprire la narrazione ad una complessità di sguardo e di pensiero. FAMILIA si pone questo obiettivo, raccontare la violenza, soprattutto quella psicologica e assistita;
mostrarne le ferite profonde che segnano l’infanzia, per sempre. C’è un filo sottile, un legame che unisce Gigi a suo padre, è un legame che sopravvive nel tempo e che porterà Gigi a rincontrare suo padre, mettendo a rischio gli equilibri dell’intera famiglia. Gigi è attratto da quell’ombra ma ne ha anche paura. Perché sa che in fondo quell’ombra gli appartiene e che non potrà mai liberarsene. La violenza assistita, quella che Gigi ha vissuto da bambino, si trasforma in rabbia. Gigi diventerà a sua volta un uomo violento, avvicinandosi ai movimenti di estrema destra e facendo del fascismo una religione, una seconda famiglia, un luogo di appartenenza che gli dà sicurezza e conforto.

Denunciare, uscire da contesti tossici relazionali, è un gesto non semplice, per nessuna donna o persona vittima di violenza fisica o psicologica. Non è facile per una donna rinunciare al proprio progetto di vita, dire di no al proprio compagno, superare i sensi di colpa, la vergogna, la paura di essere dalla parte sbagliata, la paura di essere giudicata o condannata. C’è ancora uno stigma sociale molto forte che impedisce a tante donne di denunciare. È il motivo per cui il personaggio di Licia, una donna che prova a reagire alle violenze subite, finisce per ripiombare nella stessa spirale, sopraffatta dal senso di colpa, tradita dallo stato e dalle istituzioni a cui si è rivolta. Perché esiste una violenza che è tutta istituzionale che abbandona queste donne al proprio destino, fino alle più tragiche conseguenze.

Essermi imbattuto in questo caso di cronaca, l’aver conosciuto la famiglia Celeste, mi ha permesso di iniziare una ricerca e una documentazione che si è estesa ai centri antiviolenza in tutta Italia. Aver esteso l’indagine e la ricerca verso i centri anti violenza mi ha permesso di avere un quadro più articolato e complesso in una narrazione che, come già detto, spesso risulta superficiale e confinato al dato cronachistico. Il film è anche un atto di denuncia, un monito ad ascoltare e intervenire ad ogni minimo segnale, ad ogni richiesta di aiuto; perché spesso le denunce e le segnalazioni finiscono nel pantano burocratico. E la storia della famiglia Celeste ci racconta anche questo, una famiglia che viene abbandonata dalle istituzioni, che finisce per implodere su se stessa con le sue più tragiche conseguenze. L’intera architettura visiva del film può essere sintetizzata in un unico ambiente che, a livello simbolico, racchiude l’intera narrazione.

L’immaginario del film ruota attorno all’idea di carcere. Gigi è prigioniero di innumerevoli gabbie, prigioni che sono innanzitutto emotive. Visivamente FAMILIA dovrebbe restituire, soprattutto sul piano scenografico, questa idea di compressione e prigione emotiva. Una periferia che è di per sé violenta, ai confini con la città, dove il cemento finisce e inizia l’aperta campagna romana. Un contrasto, un ossimoro visivo, capace di restituire la violenza del racconto. Una struttura fatta di quinte, soglie da superare, impedimenti, geometrie rigide da costruire. Per me qualsiasi operazione artistica deve essere subordinata all’emozione e al racconto cinematografico. Se si costruisce una base solida di realtà è possibile trasfigurare, utilizzare i generi cinematografici, senza perdere di intensità e valorizzando l’intera opera. Un materiale drammaturgico così denso rischia di essere sovrabbondante, sovraccarico, perdere la sua forza ed emotività.

Per scongiurare questo rischio è importante de-drammatizzare, dosare le emozioni, senza depotenziare il racconto cinematografico. È un lavoro importante perché la struttura ellittica, a tratti sincopata della sceneggiatura, ci pone davanti una scelta, una riflessione importante sul punto di vista. Nel mio cinema è molto importante stare vicino all’attore, esplorare i suoi stati psicologici attraverso il primo piano. Questa intenzione va calibrata con i pesi specifici del film, a volte è necessaria una distanza, uno sguardo meno partecipe. Una differenziazione del punto di vista che è fondamentale per equilibrare la materia del film stesso.

FAMILIA è un film che si presta ad una contaminazione di genere, credo che sia un arricchimento in grado di stratificare il linguaggio e i livelli di lettura dell’intera opera. Il cinema è bello nelle sue più svariate forme e nei suoi differenti linguaggi; sarebbe stupido pensare che un genere, uno stile di regia, sia più giusto rispetto ad un altro. Ogni linguaggio ha la sua forza e credo altamente nel potere che ha la finzione di scavare nella realtà, restituirci una verità più profonda e articolata, andare oltre la superficie delle cose. Come scrive Robert Bresson nei suoi appunti di regia: La realtà bruta non darà da sola qualcosa di vero.

Francesco Costabile

I PERSONAGGI

LUIGI (GIGI) CELESTE

Gigi è il figlio minore di Franco e Licia, un ragazzo dall’emotività bloccata; i suoi traumi hanno alimentato in lui una rabbia che non sa come incanalare. L’avvicinamento a un movimento di estrema destra è per lui una valvola di sfogo, un modo per esorcizzare le sue esperienze di vita. Franco, suo padre, è l’incarnazione della sua ombra, Gigi ne è profondamente attratto, pur conoscendone la pericolosità ed è vittima di questa dipendenza emotiva della quale vorrebbe liberarsi ma che al contempo lo tiene schiacciato. È un ragazzo teso tra un sentimento di rabbia, e la violenza che ne può conseguire, e un irrefrenabile desiderio d’amore.

FRANCO CELESTE

Franco Celeste è il padre di Gigi e Alessandro. Apparentemente mite, è capace di esternare grandi manifestazioni di affetto verso i propri cari, così come di trasformare le proprie carezze in pugni e in parole spietate. Oscilla tra due estremi: sedurre e conquistare la fiducia dei suoi affetti, per poi ribaltare ogni aspettativa e mostrare la sua ombra più nera. Dopo anni di assenza, torna per riprendere i contatti con i propri figli, con la propria famiglia.

LICIA

Licia è la compagna di Franco. È una donna combattiva ma fragile, una madre dolce e presente, segnata da una profonda solitudine. Il suo bisogno d’amore è colmato da una relazione tossica da cui fatica a liberarsi. La sua determinazione a proteggere i suoi figli e il suo desiderio di trovare la propria felicità si scontrano con le sue paure e insicurezze, con l’assenza delle istituzioni e con il ritorno di Franco dopo molti anni di assenza.

ALESSANDRO

Alessandro è il figlio maggiore della famiglia che, in assenza di una figura paterna stabile e affidabile, sente un ruolo di responsabilità e di protezione verso la madre e il fratello minore. Mentre Gigi è impulsivo, Alessandro è il suo opposto: silenzioso, introverso e razionale. Non crede alle promesse di Franco e cerca di tenerlo il più lontano possibile per proteggere Gigi e Licia.

Luigi Celeste: “FAMILIA è l’ago della bilancia che si riequilibra, che ristabilisce l’ordine delle cose e restituisce dignità e giustizia.

FAMILIA è un film che prende forma nel tempo, del tutto inaspettatamente. Era circa la seconda metà del 2017 quando, in occasione dell’uscita del mio libro Non sarà sempre così, partecipavo alle interviste di programmi TV e giornali interessati alla mia storia. Per me era moralmente importante esserci e non certo per cercare visibilità personale, ma perché non ho mai accettato il tentativo della Giustizia di fare di me un capro espiatorio: sono stato costretto a commettere un reato così grave per difendere me e i miei familiari da nostro padre. Non l’ho scelto io. Era importante per me che le persone conoscessero la mia storia attraverso le mie parole e quelle scritte nel mio libro, e non attraverso la libera interpretazione di un singolo giudice, affinché ognuno potesse avere tutti gli elementi per trarre le proprie conclusioni e solo allora giudicarmi per ciò che è stato, nella sua interezza e trasparenza, qualora fosse stato necessario.

Mi convinsi poi del potenziale benefico che avrebbe avuto un film sulla mia storia. In particolare, la possibilità di trasformare in immagini la mia vita e le parole che cercavo di trasmettere al pubblico in quel periodo sarebbero state più efficaci e immediate per instaurare quell’empatia e quell’umana comprensione che cercavo di ottenere e che non avevo ottenuto in tribunale. Dopo qualche anno arrivò l’interesse di Medusa Film con il regista Francesco Costabile. Immediatamente capii che sarebbe stata la persona giusta per raccontare la mia storia con le immagini, per l’empatia, il rispetto, e la delicatezza dimostrata sin dalle prime fasi di lavoro assieme.

FAMILIA è l’ago della bilancia che si riequilibra, che ristabilisce l’ordine delle cose e restituisce dignità e giustizia. Quando la possibilità di trasformare la mia storia in un film stava diventando realtà, la mia unica aspirazione era che lo spettatore potesse vedere il mio vissuto attraverso i propri occhi e riuscisse a immedesimarsi in esso. Costabile è andato oltre. FAMILIA è un film di due ore che tiene lo spettatore “attaccato alla poltrona” con gli occhi sullo schermo fin dal primo secondo, quando dei suoni anticipano delle immagini che ancora devono arrivare.

Seppur con qualche libera inflessione rispetto alla storia originale, lo spettatore vive – letteralmente – l’esperienza della tensione e della paura costante e crescente che ha accompagnato negli anni la mia vita, quella di mio fratello e di nostra madre, mostrando una successione continua di episodi che portano alle scene finali e che lasciano lo spettatore silente, a guardare nel vuoto durante i titoli di coda.

Luigi Celeste

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