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“E io ti seguo” – gli ultimi giorni di Giancarlo Siani nel film-denuncia di Maurizio Fiume

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Nel 1985 viene ucciso al Vomero, quartiere napoletano in cui abitava, Giancarlo Siani. Aveva ventisei anni, faceva il giornalista “di frontiera” in provincia, a Torre Annunziata, in quella periferia dominata dai clan che si contendevano il potere della Nuova Camorra Organizzata. In realtà la sua era una gavetta permanente; apprendista “abusivo” nella redazione del quotidiano Il Mattino si muoveva tra conoscenze nelle forze dell’ordine e soffiate di colleghi più esperti. Ma la maggior parte del lavoro era farina del suo sacco, delle sue ricerche, delle inchieste tra la gente e nei posti che più davano fastidio ai potenti malavitosi.

Spinto dalla passione per il giornalismo, Siani non si fermò davanti alle prime minacce, agli ostacoli creati ad arte dai fiancheggiatori della Camorra che popolavano a quei tempi i municipi dei comuni napoletani  e le redazioni dei giornali cittadini: continuò imperterrito fino a scoperchiare con le sue inchieste il malaffare che imperversava all’ombra del Vesuvio e raccontando la guerra sanguinosa tra le famiglie dei Nuvoletta e degli Alfieri, intoccabili per volontà della classe politica connivente.

L’ultimo tragico periodo della vita di Giancarlo Siani, interpretato con bravura da Yari Gugliucci, viene raccontato da “E io ti seguo” del regista napoletano Maurizio Fiume. Il titolo molto significativo richiama la frase che più di una volta il giovane reporter si è sentito ripetere dalle forze dell’ordine nel momento in cui andava a discutere con loro di alcune inchieste che stava facendo e che gli sembravano stessero portando a risvolti clamorosi, loro dicevano semplicemente: “Tu vai avanti…e io ti seguo!” Nella torbida e omertosa situazione che imperversava a Napoli negli anni ’80 nessuno lo ha mai seguito, e forse per questo sono passati molti anni prima che si venisse a capo della questione camorra, colpita duramente ma, ad oggi, non ancora sconfitta, purtroppo.

Il regista, con in mente i film di denuncia e di inchiesta di Francesco Rosi, ha girato questa pellicola con pochi mezzi usando la tecnica documentaristica della macchina a mano e dando un taglio prettamente cronistico alla storia, anche se non manca la volontà di mostrare la personalità di Giancarlo, di esaltare le sue convinzioni così come le sue paure. Rischiose quanto calzanti le ipotesi avanzate da Fiume sulla fine del giornalista e non tanto improbabili, a cominciare dalle talpe della camorra infiltrate nelle redazioni per finire al compaesano che come Giuda bacia la vittima per farla riconoscere ai suoi carnefici. Molte le polemiche alla presentazione del film al Festival del Cinema di Sorrento: la coda di paglia di alcuni giornali, direttamente tirati in ballo nella storia, ha cominciato ad infiammarsi creando non pochi problemi alla diffusione della pellicola.

Non riuscendo, guarda caso, ad uscire nei cinema, a distanza di più di sei mesi, c’è stata un’altra prima, stavolta nell’ambito del Napoli Film Festival, seguita da un’interessante chiacchierata con il regista. Fiume si è detto sorpreso da tante polemiche soprattutto perché si augurava che a vent’anni di distanza dalla morte di Siani non ci fossero più questioni in bilico, né di principio né tantomeno a livello legislativo: proprio nel giorno della proiezione al Napoli Film Festival del 2004, infatti, era arrivata la notizia dell’assoluzione con formula piena del boss di Torre Annunziata, Valentino Gionta, per l’omicidio del giornalista napoletano.

E io ti seguo” è il risultato di un lungo lavoro cominciato nel 1987 con la scrittura della sceneggiatura e proseguito con la realizzazione di un docudrama nel 1991, “In nome di Giancarlo“; la storia è toccante, anche perché racconta un avvenimento realmente accaduto, e, a parte alcuni eccessi che lo accostano alle inchieste televisive, è un buon film che merita la giusta visibilità e la riscoperta grazie a dvd e a passaggi televisivi anche per l’importanza che può avere in ambito sociale.

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